L'infortunio in palestra

Denuncia di sinistro e cautele

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La tematica degli effetti giuridici dell’applicazione delle arti marziali è stata introdotta, con taglio squisitamente penalistico, in diversi corsi, stage ed eventi federali, di modo che termini quali difesa legittima, stato di necessità, eccesso colposo, scriminanti, siano gradualmente entrati a far parte del bagaglio informativo obbligato di insegnanti tecnici ed atleti. In linea con tale percorso formativo, mi è parso opportuno operare, senza pretese di completezza, un accenno ai meno dibattuti riflessi di diritto civile che conseguono alla verificazione di incidenti occorsi in palestra durante gli allenamenti, con l’auspicio di fornire agli operatori di settore i requisiti minimi ed alcuni accorgimenti pratici ed utili ad una gestione più consapevole di casi analoghi.

L’infortunio ad un allievo, per quanto possa rientrare nel novero di episodi connessi alla pratica e all’insegnamento di una disciplina di combattimento, rappresenta sempre un momento spiacevole e delicato. Accanto ai fisiologici strascichi sportivi (es. interruzione programmi di allenamento, stress da dieta,  perdita di chance[1]) ed esistenziali[2] (es. rallentamento degli studi o complicanze al lavoro, mutamento della routine quotidiana, stress relazionali etc.) patiti dall’atleta, si coniuga, talvolta, una vera e propria destabilizzazione degli equilibri nella serena conduzione parafamiliare delle piccole palestre.

Su tale quadro preliminare, è intuibile come la corretta istruzione di una pratica risarcitoria assuma pertanto un valore primario che eviti possibili incrinature dei rapporti tra allievo ed associazione di appartenenza, sorte dallo scontro tra aspettativa, del primo, al ristoro del danno ed il timore, della seconda, di subirne le conseguenze.

Per paradosso, le asd, al di là delle più o meno referenziate competenze tecniche, hanno qui la possibilità di esprimere il senso globale della propria forza istituzionale e professionale, attraverso l’esecuzione del complesso degli adempimenti rivolti a conferire, nel concreto, piena tutela a sé e ai propri associati, consentendo il celere disbrigo dei pagamenti assicurativi o, di contro, paralizzando richieste risarcitorie speculative e temerarie[3] c.

Ciò premesso, per semplicità di approccio, si procede ora alla disamina pratica dello squarcio procedurale appena successivo alla verificazione di un sinistro.

1. - La denuncia di sinistro

Il primo adempimento richiesto per l’attivazione di un’istruttoria assicurativa consiste nella segnalazione dell’evento dannoso alla compagnia garante, a cura del soggetto assicurato.

La denuncia, a seconda dei casi, dà luogo al “caricamento” del sinistro, sotto la sezione di polizza  “infortuni” o “responsabilità civile[4]”, determinando, rispettivamente, la possibile liquidazione di un indennizzo[5] o di un risarcimento[6].

Tali prestazioni, per quanto siano spesso confuse tra loro, sottendono in realtà una sostanziale differenza nei parametri di quantificazione del danno, nell’individuazione dei soggetti legittimati ad accedervi, nell’applicazione o meno di una franchigia[7], nella tipologia di addebito ascrivibile in capo al soggetto responsabile, nel conseguente onere della prova da articolare in sede processuale.

La maggior parte delle problematiche ostative al buon esito o all’integrità dei pagamenti assicurativi deriva infatti proprio dalle modalità con le quali il sinistro è stato rappresentato alla compagnia e dalla conseguente potenziale interpretazione strumentale che quest’ultima potrebbe dare alla denuncia, al fine di avocare l’evento dannoso nell’alveo di una polizza che le consentirà il minore esborso possibile.

E’ infatti frequente che la compagnia stessa si trinceri dietro il c.d. “patto di gestione della lite” che le consente, di fatto, di assumere un insindacabile potere di  amministrazione delle vertenze, tanto in sede stragiudiziale che giudiziale, contando sulla poca convenienza a che l’assicurato possa poi invocare la costosa procedura arbitrale per contestare la natura, la causa e la valutazione medico legale delle lesioni indennizzabili, specie per infortuni di non grave entità.

Ecco che un generico e semplice esposto dei fatti potrebbe non essere sufficiente a garantire il corretto inquadramento giuridico dell’evento lesivo, con l’effetto che un episodio che darebbe diritto ad un ristoro economico integrale, finirebbe addirittura con l'essere definito senza liquidazione alcuna, perché confluito nella sezione di polizza che prevede l’applicazione dell’elevatissima aliquota di danno biologico[8] che resta a carico del soggetto assicurato.

Si pensi, ad esempio, ai postumi insoluti da lussazione acromion claveare o da meniscectomie nel judo/lotta libera, ovvero agli esiti di fratture mandibolari nel karate, rinvenibili in un atleta di 25 anni ed astrattamente monetizzabili in una forchetta di valori che va da circa €. 3.500 a circa €. 5.000[9].

Al fine dunque di evitare distorsioni nel caricamento dell’istruttoria della pratica, appare opportuno premurarsi di fornire immediatamente una descrizione circostanziata di tutti gli elementi idonei a caratterizzare la sezione di polizza nella quale far confluire l’evento dannoso, precostituendosi così gli elementi di prova per contestare alla compagnia un’eventuale mala gestio[10].

Ove, infatti, sia documentabile che la società assicurativa abbia posto in essere, a discapito della palestra, una strategia rivolta capziosamente ad evitare di pagare il danno o a prorogarne, sine die, il momento della liquidazione, ricorreranno gli estremi per il risarcimento del danno da responsabilità contrattuale e da lesione del diritto alla reputazione e all’immagine imprenditoriale dell’asd.

La domanda risarcitoria tenderà ad evitare che la copertura assicurativa pagata dagli associati all’atto dell’iscrizione si trasformi in un semplice ricarico delle quote di tesseramento, cui, all’occorrenza, non sia corrisposta alcuna controprestazione o, al massimo, ne sia corrisposta una tardiva o parziale.

Avv. Fabio Della Moglie 

[1] Elaborazione della giurisprudenza che indica, nel caso in esame, la perdita delle concrete e ragionevoli possibilita' di conseguire un risultato utile in una competizione sportiva, da valutarsi sulla base di criteri prognostici deducibili dai piazzamenti precedenti.

[2] In senso giuridico, esprime la modificazione peggiorativa delle attività realizzatrici della persona. Oggi il pregiudizio  esistenziale viene liquidato sotto il nome di “danno non patrimoniale”, unitamente al valore in denaro della sofferenza patita a seguito dell’infortunio.

[3] In diritto, indica un’azione posta in essere con mala fede e colpa grave, nella piena consapevolezza del proprio torto.

[4] Si omette, per semplicità narrativa, l’indicazione delle ulteriori sottosezioni.

[5] L’indennizzo consiste in un intervento di riparazione economica non necessariamente commisurato all’effettiva entità del danno sopportato dall’avente diritto, ma agganciato a parametri prestabiliti per legge o per contratto.

[6] Il risarcimento tende al pieno ripristino della situazione preesistente alla produzione del danno.

[7] La franchigia è l'importo che, in caso di danno, resta a carico dell'assicurato e viene dedotto dall'indennizzo.

[8] Lesione alla integrita' psicofisica
della persona, suscettibile di accertamento
medico-legale (L.57/01, co.3, art.5).

[9] Senza calcolare l’ulteriore incidenza del danno non patrimoniale (ex morale) e delle spese mediche.

[10] Colpevole gestione degli interessi assicurativi.

scritto il 19 dic 2016
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