Il Judo e il valore del gioco

Tatami, colori, sorrisi e magia

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Attraverso il gioco, il bambino trasforma la realtà, la reinventa e la rappresenta in modo simbolico, creando un mondo immaginario che riflette i suoi sogni ad occhi aperti, le sue fantasie, i suoi desideri.

La proposta didattica del judo/gioco utilizza i toni ed i caratteri del gioco al fine di ricreare le condizioni di benessere emotivo che predispongono il bambino all’ascolto e alla creatività, facilitando lo spontaneo approccio alle prove motorie che, in altre circostanze, potrebbe essere avvertito con timore.

La lezione sul tatami si tinge di colori, di sorrisi, di magia, di suoni e ritmi che riconducono i piccoli judoka in un’area di agio mentale che favorisce l’esteriorizzazione sincera del loro temperamento e li “allena”, al contempo, ad accettare le risposte e le personalità degli altri compagni, migliorando le capacità di adattamento e socializzazione.

Il gioco è lo strumento principe di lettura della direzione dei comportamenti del bambino. L’osservazione della durata dell’impegno, delle modalità di partecipazione, della scelta dei ruoli e del grado di difficoltà fornisce un ampio quadro delle sue inclinazioni e consente al Maestro di strutturare e calzare la proposta ludico-motoria sulle specifiche esigenze di potenziamento dei fattori psicomotori più deboli.

Fino ai 3-4 anni, i bambini tendono a preferire il gioco solitario, senza interazioni con i coetanei. Con l'ingresso nella scuola materna, si sviluppa invece la condivisione degli spazi, la conversazione ed una maggiore interazione. Il gioco diventa quindi cooperativo, richiedendo graduale comprensione dei ruoli e l’accettazione delle regole.

I modelli ludico-motori più utilizzati sul tatami tengono in considerazione questo sviluppo, spaziando dai giochi che favoriscono di profili tonico-emozionali – basati sulle oscillazioni e i dondolii che evocano lo stato di rilassamento e serenità primordiale del bambino – a quelli sensomotori – caratterizzati da uno scatto tonico (corsa, salto, rotolamento) che mette in relazione gli aspetti cardiovascolari con la coscienza e la percezione del limite.

A questi si aggiungono i modelli protosimbolici o degli opposti, in cui il bambino viene posto innanzi ad una serie di dinamiche che lo portano a strutturare e a destrutturare uno schema mentale, in un esercizio di continua composizione e scomposizione che lo abitua alla riorganizzazione e alla multifocalità (scappare/essere acchiappato, spingere/essere spinto, distruggere e ricomporre, etc.).

Vi è poi il gioco simbolico, che affida alla finzione, al paragone, all’associazione di idee, il controllo psicologico di situazioni ed eventi. Il richiamo al gioco di ruolo, di posizione, di attacco, di difesa, di territorio fa in modo che il bambino impari naturalmente a controllare dinamiche che ritroverà nella dimensione sociale o nel combattimento sportivo.

Chiude il quadro il gioco narrativo, che sviluppa la capacità di ideazione e creatività mentale in chiave lessicale, attraverso l’utilizzo, la composizione e la scomposizione di schemi narrativi, di parole e favolette che appartengono al mondo del judo.

È importante dunque che il genitore sappia correttamente inquadrare il tenore festoso della lezione di judo nell’ambito di un’attività scientifica organizzata che, seppur colorata e vivace, dalla fase della sua programmazione a quella della realizzazione, è pensata e modellata sulle esigenze di maturazione personologica dei piccoli.

Fabio Della Moglie

 

 

 

scritto il 11 mag 2016
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